ROMA – Inizia il conto alla rovescia per la cessione dell’ex Ilva in amministrazione straordinaria. I commissari sono al lavoro per vagliare l‘offerta migliore tra le 10 presentate dai player interessati alla più grande siderurgica italiana. Riannodando i fili, si tratta di tre per tutti i complessi aziendali: quella della cordata composta da Baku Steel Company Cjsc e Azerbaijan Investment Company Ojsc, poi quelle di Bedrock Industries Management Co Inc e Jindal Steel International. Altre sette, invece, sono sui singoli asset: quella della cordata formata da Car Segnaletica Stradale Srl, Monge & C. SpA e Trans Isole Srl, Eusider Spa; quella della cordata Eusider Spa, Marcegaglia Steel Spa, Profilmec Spa, Imc Spa e Marcegaglia Steel Spa; poi la cordata Marcegaglia Steel Spa-Sideralba Spa; infine l’offerta della Vitali Spa.
I criteri con cui la scelta verrà effettuata riguardano principalmente “gli aspetti occupazionali, la decarbonizzazione e l’entità degli investimenti”, fanno sapere dalla struttura commissariale. Lo scopo, infatti, è quello di “assicurare uno sviluppo sostenibile degli impianti e la massima tutela del lavoratori coinvolti”. Una metodologia apprezzata anche dal governo, non a caso il primo commento del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, sabato scorso, è stato: “Siamo sulla strada giusta per il rilancio della siderurgia italiana”. Al Mimit è stata particolarmente apprezzata la “partecipazione così significativa di grandi attori internazionali”, invocando allo stesso tempo “responsabilità, coesione e unità di intenti” perché siamo davanti alla “fase decisiva” della vicenda. Sui tempi non ci sono scadenze imposte, dunque l’opera di valutazione delle offerte sarà effettuata in un “periodo congruo” ma non ancora definito.
Nel frattempo i sindacati insistono nella richiesta di attivare un tavolo di confronto direttamente a Palazzo Chigi, per monitorare da vicino una situazione che, in attesa del closing, sta diventando difficile per i lavoratori. Per la Fiom-Cgil le priorità sono “la presenza in equity dello Stato, la garanzia del mantenimento dell’occupazione, gli investimenti necessari all’utilizzo degli impianti e alla transizione ecologica per la tutela della sicurezza e della salute ambientale”. Sulla stessa lunghezza d’onda sono anche la Fim-Cisl e la Uilm, che chiede di non ricorrere a “strumenti fumosi come la golden power”. Perché “la situazione è drammatica con quasi tremila lavoratori in cassa integrazione, produzione al minimo storico, impianti fermi e l’appalto in forte difficoltà con il ritardo dei pagamenti e degli stipendi dei lavoratori da mesi“.