MILANO – Un bonus in azioni da 29 miliardi e un maxi piano di incentivi che secondo le proiezioni raggiungerà quota 1,03 trilioni di dollari. L’ipotesi che Elon Musk possa diventare il primo triliardario della storia è remota ma è pur sempre una possibilità. Di sicuro l’estate del vulcanico patron di Tesla è stata fruttuosa. A inizio agosto il Cda aveva approvato un mega bonus da 96 milioni di azioni come “primo passo” per onorare il pacchetto retributivo da 56 miliardi di dollari del 2018 che era stato bloccato da un tribunale del Delaware perché “ingiustamente sproporzionato”. Nella lettera agli azionisti la presidente Robyn Denholm e la direttrice e membro del board, Kathleen Wilson-Thompson, avevano annunciato “un primo importante passo verso il compenso di Elon Musk per il suo straordinario lavoro in Tesla“. Secondo quanto stabilito dal Cda, a Musk è stato offerto di comprare 96 milioni di azioni al prezzo del 2018 (23,34 dollari per azione), quando valevano 2,2 miliardi. Il Ceo avrà l’obbligo di mantenere tale pacchetto per almeno 5 anni e dovrà rimanere al vertice dell’azienda fino al 2027. “È fondamentale trattenere e motivare i nostri straordinari talenti, a cominciare da Elon”, avevano spiegato Denholm e Wilson-Thomson nella lettera, sottolineando che la priorità era quella di “trattenere” Musk, evitando un suo eccessivo disimpegno a favore di altre attività (da X a SpaceX, OpenAi o Neuralink).
Una ‘missione’ ribadita poche ore fa, quando la stessa Denholm ha confermato il maxi piano di incentivi contenuto in un documento depositato alla Sec. Il Cda, stavolta, ha proposto agli azionisti un programma di remunerazione in 10 anni che potrebbe garantire a mister Tesla fino al 13% delle azioni totali: per maturare l’1,03 trilione di dollari (ovvero oltre mille miliardi, in base alla valutazione del mercato) sono previste 12 tranche di quote da assegnare qualora la compagnia, sotto la guida di Musk, raggiungesse determinati traguardi. Più che ambiziosi: Tesla in 10 anni dovrebbe raggiungere una capitalizzazione di 8,6 trilioni, aumentando dunque il valore di mercato di quasi 8 volte (ovvero +7,5 trilioni circa). Denholm lo ha confermato ad Andrew Ross Sorkin della Cnbc, spiegando che il piano è stato ideato “per mantenere l’amministratore delegato motivato e concentrato sul raggiungimento degli obiettivi aziendali”: “Se si comporta bene, se raggiunge i traguardi super ambiziosi previsti dal piano, allora otterrà un capitale azionario: l′1% per ogni mezzo trilione di dollari di capitalizzazione di mercato, più i traguardi operativi che deve raggiungere per riuscirci”, ha rivelato Denholm a ‘Squawk Box’ della Cnbc.
Ecco allora che agli azionisti, in previsione dell’assemblea annuale del prossimo 6 novembre, viene chiesto di approvare il ‘Premio alla performance del Ceo 2025’, che “sfida Elon” a raggiungere nuovamente una serie di obiettivi ancora più ambiziosi, tra cui traguardi operativi incentrati sul raggiungimento di obiettivi di Ebitda rettificato (soglie fino a 28 volte superiori al traguardo Ebitda rettificato più alto del Ceo Performance Award 2018) e il lancio di offerte di prodotti nuovi o ampliati: oltre alla consegna di 20 milioni di veicoli, viene chiesto di mettere su strada 1 milione di Robotaxi e di vendere 1 milione di Optimus, il robot basato sull’IA. “Se Elon raggiungesse tutti gli obiettivi di performance previsti, la sua leadership porterà Tesla a diventare l’azienda più preziosa della storia”, spiega Denholm nell’ultima lettera, anch’essa depositata alla Sec.
Si tratta del piano di incentivi più costoso di sempre, ed è stato proposto proprio nel momento di svolta storica per Tesla, chiamata a fare il salto di qualità nel campo dell’intelligenza artificiale e della robotica. Non solo Bev, quindi. Anche perchè cominciano a pesare non poco i ritardi sul lancio della nuova gamma di auto elettriche e gli effetti si fanno sentire ormai da mesi. Solo a luglio in Ue le immatricolazioni sono crollate del 42% annuale. Tra gennaio e luglio, a livello globale, Tesla si piazza al secondo posto per vendite (dietro a Volkswagen e davanti a Hyundai) ma con 525.000 unità consegnate ha registrato un calo del 16,4% su base annua, gravemente influenzato dal rallentamento della domanda. “Le consegne di Model Y e Model 3 sono diminuite rispettivamente dell’11% e del 19,7% – spiega un’analisi di Sne Research – diventando una delle principali cause del calo complessivo delle vendite”. Anche le vendite di berline premium, Model S e Model X, sono diminuite rispettivamente del 62,2% e del 48,8%, il che significa che la competitività di Tesla nel segmento premium si è indebolita. Sono state consegnate inoltre 13.000 unità di Cybertruck, ma rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, le vendite sono diminuite del 17,4%. “Sembra che Cybertruck non abbia ancora contribuito in modo significativo alla ripresa delle vendite complessive“, concludono gli analisti di Sne Research.