MANTOVA – Rinvigorire il modello cooperativo per aggredire nuovi mercati internazionali e andare oltre l’Europa, perché il futuro passa anche da altri continenti, dall’Asia all’Africa. Allo stesso tempo, l’obiettivo dovrà puntare sull’educazione alimentare dei consumatori del futuro, valorizzando il Made in Italy e la dieta mediterranea. Sono alcuni dei suggerimenti emersi nel corso dell’incontro organizzato da Coldiretti Giovani, Donne e Senior di Mantova con il professor Giuliano Noci, prorettore del Politecnico di Milano e titolare della cattedra di Strategia e Marketing, editorialista del Sole 24 Ore e profondo conoscitore degli equilibri internazionali di mercato, al quale hanno preso parte anche il presidente del Consorzio Latterie Virgilio, Paolo Carra, e il consigliere di Ascovilo (Associazione dei consorzi vitivinicoli lombardi), Corrado Cattani.
Non basta più aggregare i territori e trasformare a livello locale, secondo il professor Noci, ma è fondamentale “mettersi insieme per occupare uno spazio positivo nella mente dei consumatori del mondo, non sempre orientati a comprare prodotti italiani”.
In un mondo che cambia, con l’Unione europea sempre meno centrale e altre aree del pianeta alle prese con uno sviluppo tumultuoso, lo sviluppo tecnologico diventa una variabile insostituibile. E se la partita per il prorettore Noci è legata alla “capacità di gestire le infrastrutture tecnologiche a supporto delle nostre aziende”, anche la velocità nel prendere decisioni e sapersi adattare alle esigenze dei mercati e dei consumatori giocherà un peso via via crescente, come puntualizza il presidente Carra.
Altro elemento chiave per la conquista di nuovi mercati riguarda le dimensioni e, in quest’ottica, “sarà premiante la capacità di mettersi insieme, di costruire un progetto comune e piattaforme in grado di fare massa critica”, insiste Noci, “aggregando anche le informazioni in maniera completa, attraverso la blockchain”. Resta il nodo della politica, lamenta Cattani, “molto spesso lontana dalle aziende, quando dovrebbe al contrario accompagnare il percorso di internazionalizzazione che è, concretamente, l’unica strada per dare respiro alle imprese del Made in Italy”.