MILANO – Sostegno all’Ucraina, militare, economico e ancor più politico. Di fronte a un conflitto russo-ucraino ancora in corso e dagli scenari di difficile definizione, il Parlamento europeo chiede l’apertura dei negoziati di adesione per mettere ancora più sotto pressione l’aggressore russo e ribadire che il Paese non è zona d’influenza del Cremlino. A mettere sotto assedio il Consiglio e il consesso degli Stati membri, che sul tema devono deliberare all’unanimità, è l’Aula dell’europarlamento e la Commissione europea, unite nel chiedere un cambio di passo. “Il coraggio dell’Ucraina sostenuto dalla comunità internazionale ha impedito alla Russia di raggiungere gli obiettivi militari, ma questo non basta, l’unica opzione che abbiamo è esercitare sempre più pressioni sulla Russia, fornire più aiuto all’Ucraina e prepararci per il day after. E più pressione sulla Russia significa più sanzioni, significa cercare di contrastare l’aggiramento dell’esercito”, ha detto l’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas aprendo la sessione plenaria ribadendo che l’attacco aereo russo del fine settimana mostra come “Putin non ha alcun interesse per la pace e non si fermerà finché non sarà costretto”. Per questo, “è tempo di aprire i negoziati sul cluster 1”.
Il cluster 1 è l’insieme dei capitoli che riguardano i diritti fondamentali (giustizia, magistratura, appalti, controllo finanziario, statistiche) e da cui solitamente si inizia il processo vero e proprio di avvicinamento all’Unione europea. “L’adesione dell’Ucraina all’UE è una questione di sopravvivenza e di sicurezza di lungo periodo“, aggiunge Marta Kos, la commissaria per l’Allargamento che si rivolge all’Aula immediatamente dopo Kallas. “In questo momento un segnale di sostegno non è solo simbolico ma strategico“, insiste Kos.
L’invito ad avviare i negoziati viene sostenuto dalle principali forze politiche all’interno dell’emiciclo. Popolari (PPE), socialisti (S&D) e conservatori (ECR) si esprimono a favore dell’apertura dei primi capitoli negoziali, con Verdi e liberali (RE) che pur non esprimendosi direttamente a favore non hanno nulla da obiettare e anzi insistono sulla necessità di “sostegno” a Kiev. Alla fine a pronunciarsi contro le richieste di Commissione UE e resto dell’Aula sono i sovranisti (PfE) e i nazionalisti euro-scettici (ESN). “Con riforme solide, l’Ucraina può raggiungere l’obiettivo di aderire all’Unione europea, a cui appartiene. Rafforzare le istituzioni democratiche è e resterà essenziale, così come portare avanti le riforme giudiziarie e anticorruzione, rafforzare le autorità locali e regionali e mantenere il pluralismo parlamentare. Ammiriamo inoltre il ruolo svolto dalla società civile ucraina nel processo di riforma. In quanto Parlamento, vogliamo inviare un segnale chiaro: l’Ucraina appartiene alla famiglia europea e faremo tutto il possibile affinché occupi il suo posto legittimo quanto prima”, ha dichiarato il relatore Michael Gahler (PPE, DE) dopo la votazione.
Dalle fila de laSinistra ‘no’ anche del Movimento 5 Stelle: “Voteremo contro contro il rapporto sull’adesione dell’Ucraina in UE“, anticipa Danilo Della Valle. La relazione, ricorda per spiegare le ragioni della contrarietà dei pentastellati, “ribadisce la richiesta di una maggiore assistenza militare e cooperazione in materia di difesa, compresa l’integrazione dell’industria degli armamenti ucraina nei quadri dell’UE e della NATO. Non prevede nessuna richiesta di cessate il fuoco o di apertura formale dei negoziati”. Il dibattito d’Aula su un tema che comunque mostra posizioni diverse registra anche nuovi, ennesimi, malumori contro l’Ungheria di Viktor Orban. Nella necessaria ricerca di un consenso unanime sul tema dell’allargamento è Budapest che punta i piedi, fin dal primo momento dal via libera per poter procedere ai negoziati con Kiev. Una linea non più accettabile per Pekka Toveri e il suo PPE: “L’Ungheria lavora con la Russia per sabotare il processo di adesione dell’Ucraina“, denuncia. Contrattacca Kinga Gal (PfE), ungherese di Fidesz, partito di governo di Orban: “L’Ucraina è lontana dall’essere pronta. L’adesione è un errore politico“.