MILANO – La scuola? “Non è preparata su questi temi”. Convincere un negazionista? “Non gioco a scacchi con i piccioni”. Mario Tozzi, geologo, divulgatore, domenica 20 luglio tornerà sul palco e lo farà insieme al polistrumentista Enzo Favata a Rocca di Sant’Apollinare, a Marsciano, in provincia di Perugia, in occasione di ‘Suoni controvento’ , il festival a impatto zero di musica, teatro, letteratura, gaming e incontri su temi di attualità che coinvolge 24 comuni dell’Umbria, tra borghi e palcoscenici naturali. La manifestazione, giunta alla sua IX edizione, è promossa da Aucma (Associazione umbra della canzone e della musica d’autore).
Tozzi e Favata porteranno in scena ‘Mediterraneo’ , un racconto attraverso il punto di vista della geologia e della musica, tra passato e futuro. Un progetto, dice Tozzi a GEA, nato “dall’idea della capacità di raccontare storie che è quello che fanno i jazzisti e che faccio anche io come divulgatore”. Una passione, la sua, venuta alla luce “grazie a occasioni fortunate, al caso. Raccontare mi è sempre piaciuto, al di là delle lezioni universitarie, a un certo punto ho visto che ciò che dicevo veniva apprezzato anche in contesti differenti, con un pubblico ‘meno adatto’ E da cosa nasce cosa”.
La situazione, racconta il geologo, è a un punto più che critico e “i nodi stanno venendo al pettine”. La crisi climatica “è il problema principale, perché da questa dipendono le altre”, a partire dal dramma della perdita di biodiversità. “E la colpa è nostra – dice – anche se noi non verremo sterminati”. Basti pensare – punta il dito il divulgatore – alla caccia: “C’è un pianeta in cui cui la gente si diverte andando a sparare agli animali”. E, ancora, “all’espansione delle città e delle infrastrutture e poi alla crisi delle risorse che vanno ad assottigliarsi”. Materie prime “che non si riciclano mai al 100% perché qualcosa nel processo si perde”. In sostanza, “stiamo portando il pianeta al suo limite massimo, ma non ne abbiamo un altro, non c’è un piano B”, ammette.
E se è vero che, movimenti come Fridays For Future e Ultima Generazione “hanno portato un grande cambiamento”, tra i più giovani, accendendo la miccia della preoccupazione per il cambiamenti climatico, “il Covid e la repressione delle azioni di protesta” hanno fatto “arenare” questo processo che “non si è più ripreso”, dice Tozzi. “I nuovi decreti rendono impossibile manifestare il dissenso partecipato e non c’è stata alcuna solidarietà da parte del mondo adulto. La spinta la vedo esaurita”. Eppure numerose ricerche confermano che il tema del clima è fondamentale per la Gen Z e le successive. “Servirebbe una scuola preparata su questi temi” per formare davvero le nuove generazioni, spiega il divulgatore a GEA, “ma gli insegnanti e i libri sono inadeguati al ruolo”.
Insomma, “serve una sensibilità degli adulti che non c’è” per educare i più giovani che, invece “devono fare da soli”, spesso utilizzando i social network e imbattendosi nel mondo infinito delle fake news e dei negazionisti. Ma un dialogo con chi rifiuta di vedere il cambiamento climatico è possibile? “Io non voglio parlare con loro – dice Tozzi – perché agiscono e parlano sulla base della convenienza economica, non accettano la scienza che è invece unanime” nel riconoscere il problema e “puntano solo a creare confusione. Si perderebbe del tempo” a cercare di convincere chi “non accetta la verità scientifica”. “Io non gioco a scacchi con i piccioni – chiosa il geologo – perché non sanno le regole”, lasciano escrementi ovunque “e poi se ne vanno impettiti”.