ROMA – La corsa ai dazi potrebbe sottrarre quasi un punto percentuale alla crescita mondiale nell’arco di un biennio. Il governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, lo spiega durante la pubblicazione della Relazione annuale della Banca d’Italia sul 2024. Le dispute commerciali, avverte, stanno “spingendo l’economia globale su una traiettoria pericolosa” mettendo a rischio già oggi il 5% del commercio globale. Per questo motivo “è diffuso un senso di incertezza”.
Secondo Panetta “siamo di fronte a una crisi profonda” degli equilibri che hanno sorretto l’economia globale negli ultimi decenni, con le politiche dell’amministrazione Usa che rappresentano “il principale fattore scatenante ma si inseriscono in un contesto già in rapida trasformazione”. Anche se, “in parte”, i dazi nascono da una “crescente disillusione nei confronti della globalizzazione e dei benefici promessi dal libero scambio” e sono “il sintomo di un logoramento dei rapporti politici ed economici internazionali che ha radici profonde”. Gli esiti delle trattative commerciali “sono incerti”, ma le ricadute sull’economia europea, premette il governatore, “saranno comunque significative”. Il problema è che “l’incertezza sulle politiche commerciali ostacola la pianificazione delle imprese e ne innalza i costi di finanziamento”.
Va un po’ meglio per l’Italia: negli ultimi cinque anni, nonostante le crisi pandemica ed energetica, il Paese ha infatti mostrato segni di una ritrovata vitalità economica, con la crescita ha superato quella dell’area dell’euro. “Il Pil – sentenzia il governatore – è aumentato di circa il 6 per cento, trainato da un incremento di quasi il 10 nel settore privato”. L’economia dell’area euro invece, dopo una lunga stagnazione, nel 2024 è tornata a crescere seppure a un ritmo inferiore al potenziale e senza il contributo della Germania: “La produzione industriale, pur mostrando segnali di stabilizzazione, rimane nettamente al di sotto dei livelli precedenti la crisi energetica, soprattutto in Germania e in Italia”.
Sul fronte dell’energia rimane invece “irrisolto il nodo degli alti costi”. Dopo l’invasione dell’Ucraina, le spese sostenute dalle industrie europee sono infatti aumentate sensibilmente, ampliando il divario con le altre principali economie. Alla metà del 2024, il costo dell’elettricità risultava doppio rispetto a Stati Uniti e Cina, e superiore di un quinto rispetto al Giappone. Sulla difesa, il governatore auspica poi un programma unitario europeo per non accrescere le diseguaglianze tra i vari Stati membri e spinge per investimenti comuni che generino “benessere, coesione e fiducia”.
Positivi i numeri sulle imprese: tra il 2013 e il 2023, “si è ampliata in misura significativa la quota di occupati presso realtà medio-grandi, e il numero di aziende con almeno 250 addetti è aumentato di un terzo”. All’orizzonte bisogna però fare attenzione alla concorrenza dei Paesi emergenti, che erode il vantaggio dei Paesi Ue sulla manifattura.
Infine bisogna fare presto sul Pnrr, su cui il governatore sottolinea ancora alcuni ritardi: “L’azione di riforma richiede tempo e continuità, e dovrà proseguire oltre la scadenza del Pnrr”.
Una relazione “positiva”, commenta il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, notando come i temi trattati siano simili a quelli sottolineati ultimamente dal mondo delle imprese: “I dazi sono un capitolo importante e l’incremento della produttività incentivando gli investimenti è un altro capitolo fondamentale”. Parole del governatore “condivisibili” secondo Antonio Misiani, responsabile Economia nella segreteria Pd, che chiede all’Europa, “un baluardo”, di non rimanere ferma. Dichiarazioni sulla difesa apprezzate dalle aziende di aerospazio difesa e sicurezza (Aiad). Secondo il presidente Giuseppe Cossiga, quel che dice il governatore “è condivisibile: investire insieme nella sicurezza non significa avviare necessariamente una corsa agli armamenti”.