MILANO – Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ottiene il sì di Genova per mantenere la siderurgia e il forno elettrico dell’ex Ilva. Al termine di una serie di incontri svolti questa mattina nella prefettura del capoluogo ligure con enti locali, sindacati cittadini, imprese e comitati, il ministro annuncia il “sì unitario” alla possibilità di un forno elettrico nell’acciaieria ex Ilva di Cornigliano, “come previsto nel nostro piano di decarbonizzazione”.
Un piano che prevede, “ove ci fosse l’interesse del player industriale”, di realizzare anche un forno elettrico nella città di Genova per l’area nord. Secondo Urso si tratta di “un’opportunità che può essere data agli investitori, a fronte del fatto che a Taranto sono previsti al massimo tre forni elettrici, per una capacità complessiva che non può superare i sei milioni di tonnellate all’anno. Il problema vero però è dove localizzare gli impianti di Dri, strutture che, ricorda Urso, “producono la materia prima”, cioè il preridotto che serve ad alimentare i forni elettrici per realizzare acciaio di qualità per auto, elettrodomestici, rotaie ad alta velocità, tubi, industria della difesa. Poi c’è quello per lo spazio, che “deve essere un acciaio pulito, che si realizza attraverso i forni a caldo, oppure si può realizzare attraverso i forni elettrici, ma solo se alimentati con questa materia prima chiamata preridotto”. Ove fossero alimentati, come accade nei 34 forni elettrici che oggi sono in produzione in 29 località italiane, alcune ad alta densità abitative, non produrrebbero un acciaio utile se fossero alimentati dal rottame ferroso”. Per questo, il ministro ha ipotizzato che il polo del preridotto sia localizzato a Taranto, “sia perché sono immediatamente corrispondenti dei forni elettrici, sia perché assorbirebbero gran parte dell’occupazione che non potrebbe essere assorbita dagli stabilimenti siderurgici”. Se poi Taranto non desse l’autorizzazione all’approdo temporaneo di una nave rigassificatrice “dovremmo trarne le conseguenze e realizzarlo altrove”. Urso chiederà nelle prossime ore al Comune pugliese se intende o meno far approdare una nave rigassificatrice. L’alternativa “sarà Gioia Tauro”, anticipa Urso, dove già governo regionale e Comune hanno manifestato interesse. Un incontro è previsto giovedì prossimo. Proprio su questo punto insiste Ilaria Cavo, presidente del consiglio nazionale di Noi Moderati. “Genova oggi si è presa le proprie responsabilità”, sottolinea chiedendo a Taranto di fare lo stesso. Se il cronoprogramma dovesse essere rispettato, ipotizza ancora Urso, “si potranno assegnare gli impianti ai nuovi investitori privati già nella prima parte del prossimo anno. A quel punto potremmo passare alla fase degli accordi di programma con gli investitori e gli enti locali. Sarà fatto anche con un confronto con le organizzazioni sindacali”.
Apertura anche della sindaca di Genova, Silvia Salis: “Sarebbe un errore perdere la filiera dell’acciaio in Italia, non solo per la ricaduta occupazionale: un Paese che perde industria è un Paese che perde potere e posizionamento internazionale”. Disponibilità per il quadrante Nord-Ovest anche del vicepresidente della Regione Piemonte Elena Chiorino, in rappresentanza del presidente Cirio: “Il Piemonte ha ribadito la disponibilità ad assumere un ruolo di protagonista nel rilancio industriale e del settore siderurgico italiano. Siamo a fianco dei lavoratori degli stabilimenti di Novi Ligure, Racconigi e Gattinara, determinati, insieme Governo, a lavorare per la realizzazione di un polo dell’acciaio sostenibile, che valorizzi i nostri stabilimenti e il know-how unico dei nostri lavoratori”. Il senatore di Fratelli d’Italia, Gianni Berrino, esulta per “l’ottima notizia. Genova ha detto sì alla possibilità di un forno elettrico all’ex Ilva di Cornigliano. Grazie al governo Meloni e al lavoro del ministro Urso si è raggiunto un importante risultato. Siamo sulla strada giusta”. Italia Viva invece incalza ancora il ministro, con la capogruppo al Senato Raffaella Paita e la senatrice Annamaria Furlan: “Se il governo crede davvero in questo progetto di rilancio che noi sosteniamo – chiedono – perché non accetta di prevedere la presenza dello Stato nella società, almeno per la prima fase?”.