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Dalle autostrade rivoluzione della sostenibilità. Tomasi: Traghettiamo rete nel futuro

Salvini: Sostenibilità sia anche economica e sociale, no a un Paese disperato e disoccupato

25 Gennaio 2024
in Green Economy
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Dalle autostrade rivoluzione della sostenibilità. Tomasi: Traghettiamo rete nel futuro
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ROMA – Autostrade più sostenibili, dal punto di vista ambientale, economico e sociale. E’ l’obiettivo di Aspi, che presenta il dossier ‘La Rivoluzione della mobilità sostenibile parte dalle autostrade. Sicure, digitali, decarbonizzate’.

Un testo che dimostra come questa sfida sia realizzabile solo attraverso la combinazione di più soluzioni, che vanno dagli interventi di digitalizzazione, allo sviluppo di vettori energetici alternativi con un approccio di neutralità tecnologica, fino ai non meno rilevanti comportamenti sostenibili da parte di ciascuno di noi.

La rete autostradale italiana in questo 2024 compie un secolo di vita ed entra, con il Paese, in una nuova ‘rivoluzione’ della mobilità, una trasformazione che, partendo dalla consapevolezza della strategicità della rete stradale e autostradale per il nostro sistema economico, la renda protagonista della transizione ecologica, adeguata ai bisogni attuali del Paese e sempre più sicura.

Il parco auto italiano è rappresentato da circa 40 milioni di veicoli. Oggi circa il 30% degli spostamenti quotidiani di merci e persone avviene in autostrada, che rappresenta soltanto il 3% dell’intera rete stradale nazionale. Numeri che confermano da un lato la strategicità della rete autostradale per il tessuto economico del Paese, dall’altro l’esigenza di una riflessione generale sulla modernizzazione e rigenerazione della rete, per allungarne la vita utile e la sua capacità di resistere allo stress a cui viene sottoposta quotidianamente. Un patrimonio complesso senza eguali nel panorama europeo, fatto di 6.000 km di autostrade a pedaggio gestiti da più concessionari, oltre 1.200 km di ponti e viadotti, 500 km di gallerie, con una vita media tra i 50 e i 70 anni.

“I numeri dimostrano chiaramente la crucialità della rete autostradale nel nostro Paese, un’infrastruttura capillare attorno alla quale si sono sviluppati i principali settori industriali italiani“, spiega l’ad Roberto Tomasi. “Un orgoglio della nostra ingegneria negli anni del boom economico – rivendica – che oggi ci offre la possibilità di vincere una nuova grande sfida. Una rivoluzione positiva per traghettare la rete nel futuro, rendendola verde, digitale, sempre più sicura e performante: un impegno che come Autostrade per l’Italia stiamo affrontando, ma che bisogna mettere a sistema con tutti gli attori del settore per tracciare insieme un percorso lineare in cui definire gli investimenti disponibili, i profili tecnico professionali necessari e poter contribuire positivamente all’evoluzione del sistema normativo anche a livello europeo”.

Per Tomasi, la sostenibilità ambientale “non può prescindere da quella economica e sociale, per questo è necessario monitorare i trend territoriali tramite l’istituzione di un Osservatorio che consenta di valutare gli effetti di qualsiasi azione nell’ambito della transizione ecologica, facendo sistema a supporto del Governo e del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture”, rileva.

La rete autostradale è soggetta a un costante incremento di traffico, in alcune tratte prossimo al livello di saturazione. Questo patrimonio necessita quindi di un investimento in ammodernamento e potenziamento stimabile tra i 60 e i 120 miliardi. Solo nel 2019 il settore dei trasporti, in Italia, ha contribuito per circa il 27% delle emissioni totali e di queste, oltre l’80% è attribuibile al solo trasporto stradale; un dato che – visto il target fissato nel programma Fit for 55 dell’Unione Europea per il nostro Paese che impone una riduzione delle emissioni di CO2 del 43% – conferma l’inderogabilità di rendere sostenibile il trasporto su gomma.

Ma il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Matteo Salvini, avverte: “Rischiamo di farci del male nel nome dell’ideologia”. “La sostenibilità ambientale non può essere disgiunta da quella economica e sociale o rischiamo l’effetto Bce”, affonda il vicepremier, che confessa di non volere un Paese “sostenibile disperato e disoccupato“. La soluzione, insiste, è la neutralità tecnologica, senza concentrarsi solo l’elettrico.

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