MILANO – “Il Congresso non ha concesso al presidente l’autorità di imporre queste tariffe, pertanto l’amministrazione ha violato la legge imponendole tramite ordini esecutivi, post sui social media e ordini delle agenzie”. Queste le parole con cui una coalizione di 12 Stati americani ha annunciato una causa legale contro l’amministrazione Trump per la nuova politica commerciale sui dazi, definita “illegale”. I governi statali sostengono che il presidente non abbia il potere di imporre arbitrariamente tariffe e che abbia in questo modo scavalcato il parlamento.
Già la California, il 16 aprile scorso, aveva annunciato di aver avviato una causa contro la Casa Bianca. Ora procedure legali analoghe sono state presentata in Arizona, Colorado, Connecticut, Delaware, Illinois, Maine, Minnesota, Nevada, New Mexico, New York, Oregon e Vermont: solo Nevada e Vermont non sono a guida democratica, bensì governati da repubblicani. I dazi emessi ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa) dall’amministrazione Trump “aumentano le tasse sulle importazioni da quasi tutti i paesi del mondo, compresi i più stretti alleati e partner commerciali degli Stati Uniti, e hanno già causato gravi danni economici”, spiega la nota diffusa tra gli altri dall’ufficio della procuratrice generale di New York, Letitia James. “Trump non ha il potere di aumentare le tariffe a suo piacimento, ma è esattamente ciò che ha fatto con questi dazi. Ha promesso che avrebbe abbassato i prezzi e alleggerito il costo della vita, ma questi dazi illegali avranno l’effetto esattamente opposto sulle famiglie americane. Se non venissero fermati porteranno a maggiore inflazione, disoccupazione e danni economici” ha ammonito James, membro del partito democratico e procuratrice generale di New York dal 2019.
Secondo quanto sottolineato dalla coalizione, “l’Ieepa al massimo consente al presidente di imporre dazi in risposta a minacce straordinarie o a un’emergenza specifica. Tuttavia da febbraio il presidente Trump ha imposto unilateralmente dazi doganali ingenti contro i partner commerciali più stretti dell’America. Questi dazi sono stati ampliati con una serie di annunci ad aprile, fino a coprire quasi tutti i paesi del mondo, compresi luoghi non coinvolti nel commercio internazionale, come le isole Heard e McDonald, che non hanno alcuna popolazione umana nota”. La causa è stata presentata alla Corte del commercio internazionale di New York (Us Court of International Trade) e chiede un’ordinanza che sospenda i dazi “e impedisca all’amministrazione Trump di applicarli o implementarli”. Nel documento la coalizione dei 12 Stati sostiene che “la legge non è stata concepita per consentire al presidente di imporre dazi unilaterali e indiscriminati a livello mondiale” e che l’amministrazione Trump “abbia abusato della propria autorità e violato la Costituzione e l’Administrative Procedure Act”.
Duro il commento della governatrice di New York, Kathy Hochul, secondo cui “le tariffe sconsiderate del presidente Trump hanno fatto schizzare alle stelle i costi per i consumatori e scatenato il caos economico in tutto il Paese. New York si sta mobilitando per contrastare il più grande aumento delle tasse federali nella storia americana. Con la procuratrice generale stiamo collaborando in questa causa per conto dei consumatori di New York, perché non possiamo permettere che il presidente Trump spinga il nostro Paese in recessione”.
La nota dell’ufficio della Procura generale di NY cita un rapporto del New York City Comptroller che ha stimato che anche una lieve recessione causata dalle tariffe porterebbe alla perdita di oltre 35.000 posti di lavoro nella sola città di New York e le agenzie statali potrebbero dover pagare “oltre 100 milioni di dollari di costi aggiuntivi a causa dell’aumento dei prezzi”. Le tariffe di ritorsione imposte dal Canada sulle centinaia di milioni di dollari di elettricità che New York importa ogni anno “causerebbero un’impennata delle bollette energetiche dei newyorkesi” e in tutto lo Stato, le piccole imprese che dipendono dalle importazioni “stanno già vacillando per la minaccia di prezzi più elevati e l’incertezza causata dalle politiche dell’amministrazione”.
Non è l’unica causa intentata contro l’amministrazione Trump ma si tratta della seconda (in ordine di tempo) che riguarda i dazi. La California, la scorsa settimana, aveva annunciato di aver avviato procedure legali per contestare l’autorità esecutiva di Trump di emanare dazi internazionali “senza l’approvazione del Congresso”. Lo stesso governatore democratico Gavin Newsom ha assunto un ruolo di primo piano in una delle 15 cause intentate contro il governo federale, segnalando un potenziale allontanamento dal suo approccio più riservato nei confronti del presidente. La California, che secondo l’ufficio del governatore ha registrato quasi 675 miliardi di dollari di scambi commerciali bilaterali lo scorso anno, rischierebbe di perdere miliardi di entrate statali a causa delle politiche tariffarie. Messico, Canada e Cina rappresentano i tre maggiori partner commerciali dello Stato. “I dazi illegali stanno creando il caos tra le famiglie, le imprese e l’economia della California, facendo salire i prezzi e minacciando posti di lavoro – aveva dichiarato Newsom -. Stiamo difendendo le famiglie americane che non possono permettersi che il caos continui”.