MILANO – Letizia Moratti, milanese, ha un curriculum lunghissimo: è stata presidente Rai, ministra dell’Istruzione, sindaca di Milano, presidente di Ubi Banca e vicepresidente della Regione Lombardia fino a pochi mesi fa nella giunta di Attilio Fontana. Ora si candida alla guida della Lombardia alle prossime elezioni regionali del 12-13 febbraio per il cosiddetto Terzo Polo (Azione e Italia Viva) più civiche. Nel suo programma propone, tra le altre cose, di “potenziare l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione dell’agricoltura, per aumentare la produttività e ridurre le emissioni, con una migliore gestione della risorsa acqua, l’utilizzo dei residui di allevamento per la produzione di biogas e incentivi per gli allevamenti estensivi”. Ma anche di “intervenire su Trenord liberalizzando il servizio e adottare misure per colmare i gap infrastrutturali con le province meno collegate”, oltre che “avviare un programma per la piantumazione di alberi in aree urbane e periurbane” e “stimolare e incentivare l’apertura di impianti in grado di trattare i rifiuti e di recuperarli sia come materia che come energia”.
Presidente Moratti, i prossimi 5 anni saranno decisivi per la transizione energetica ed ecologica. Ha tre progetti se diventasse presidente della Regione Lombardia?
“Voglio attivare un’azione di accompagnamento e di facilitazione per le Comunità Energetiche e centri di ricarica condivisi per il trasporto elettrico, inoltre ritengo necessaria una riorganizzazione di orari, luoghi e tempi dei servizi con l’ausilio del supporto digitale tanto per l’infomobilità, che per la domotica pubblica e il monitoraggio delle risorse pubbliche. La transizione energetica è un passaggio fondamentale, un obiettivo e un’occasione per modernizzare il nostro sistema, per renderlo più sostenibile e anche più resiliente: energeticamente indipendente. Non possiamo fallire. Le istituzioni devono farsi promotrici e aiutare tutte le realtà e cittadini in questo snodo fondamentale”.
L’aumento delle auto elettriche implica anche una trasformazione urbana e non solo di città e centri abitati. La Regione come può aiutare i Comuni?
“Le competenze regionali possono intervenire nei processi di pianificazione urbanistica tenendo conto della relazione tra la allocazione di funzioni, gli orari e l’energia. Si dovrebbe intervenire anche per aiutare i comuni, soprattutto quelli più piccoli, a realizzare una rete di punti di distribuzione di energia elettrica da fonti rinnovabili”.
Bollette alle stelle e imprese in difficoltà. Per usare meno gas ed abbassare i costi della luce servono più rinnovabili. La Regione, attraverso le commissioni Via-Vas, è determinante nelle autorizzazioni. Come si possono accelerare?
“Ci sono semplificazioni normative, da coordinare con quelle già approvate dal governo Draghi e ci sono azioni di accompagnamento e di informazione che la Regione può mettere in campo, sia per gli attori del sistema produttivo che per le amministrazioni comunali e i condomini. Occorre, inoltre, uno sforzo per rendere organi parte del Titolo Quinto della Costituzione, come la Città Metropolitana e le Province, pienamente in grado di prerogative e personale per il coordinamento di aree vaste e delle reti che le definiscono, per avere una burocrazia più snella. Inoltre un fattore determinante è la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione su cui il nostro Paese è in ritardo e per questo non deve farsi sfuggire l’occasione del Pnrr”.
Pnrr… Che progetti ha in mente? Le Regioni non sono protagoniste nella cosiddetta messa a terra, ma non crede che dovrebbero diventare protagoniste anche nella regia dei progetti?
“Le Regioni possono intervenire sul piano della programmazione come su quello normativo e della attivazione di reti di condivisione, per creare una condizione amministrativa abilitante e con la verifica di Rendicontazione, l’accountability europea. Sicuramente la Regione deve essere vicina ai comuni, soprattutto i piccoli comuni che non hanno al loro interno le competenze tecniche necessarie per progettare e portare a buon fine importanti interventi”.
Capitolo infrastrutture: nell’ultimo decennio sono nate grandi arterie autostradali, tuttavia l’alta velocità per Venezia, ad esempio, va a rilento… Serviranno più trasporti su ferrovia piuttosto che su strada?
“Il trasporto su rotaia ha un minore consumo di suolo, di energia e di incidentalità, nonché minori emissioni in atmosfera, a parità di persone/merci trasportate. È la scelta strategica che a metà anni ’90 portò la Regione Lombardia a progettare l’Alta Velocità integrata con il Servizio Ferroviario Regionale. La mobilità sostenibile parte dalle rotaie e da un ritorno all’efficienza di Trenord introducendo competizione e investendo nelle infrastrutture. Il supporto digitale per l’infomobilità e l’organizzazione degli orari dei servizi e degli uffici, nonché l’uso intelligente dello smart working, sono altri elementi, così come lo sviluppo del car sharing e bike sharing. Fra l’altro Milano è stata la prima città italiana, e una delle prime in Europa, a introdurre il bike sharing nel 2008, durante il mio mandato”.
Il Po navigabile, i Navigli a Milano… secondo lei servono più investimenti per avviare progetti di trasporto fluviale?
“Occorre una progettazione delle reti d’acqua e delle loro connessioni con la stessa visione di regimazione delle acque, sia per la navigazione che per l’agricoltura, che ebbero i Cistercensi, Leonardo e gli ingegneri come Meda. La navigabilità dei fiumi può diventare un’importante alternativa al trasporto su gomma e aiutarci nel contrasto all’emergenza climatica. Per essere realmente efficaci i porti fluviali devono, però, connettersi al resto della rete. Penso ai porti di Cremona e di Mantova e alle loro potenzialità di diventare degli importanti snodi intermodali fluviale-ferroviario, per la regione”.
Sostenibilità. La manifattura lombarda è la prima in Europa. E’ possibile aiutare le imprese verso minori risparmi energetici e, allo stesso tempo, mantenere una leadership mondiale o europea? Secondo lei non c’è rischio deindustrializzazione?
“La Lombardia con 10 milioni di abitanti è la seconda regione europea per popolazione alle spalle della regione di Parigi, Ile-de-France (12.3 milioni di abitanti), che però ha un Pil quasi doppio di quello lombardo. Il tessuto produttivo è sicuramente molto forte, però negli ultimi 10 anni, la Lombardia ha ottenuto una performance poco soddisfacente rispetto ai principali concorrenti europei. Tra le cause da annoverare, sicuramente, il basso livello di investimento nella ricerca e nell’innovazione, l’1,34% del pil, mentre le regioni leader viaggiano sopra il 3-4 %. Continuando di questo passo, il divario non solo non si restringe, ma si amplia e allora rischiamo sì un processo di deindustrializzazione. L’innovazione di processo e di prodotto sono componenti cruciali della capacità competitiva delle imprese. La questione energetica è una parte essenziale di una innovazione qualitativa. Qui la regione può intervenire anche sul piano della formazione per adeguare le competenze”.