ROMA – Sicurezza e costi contenuti. E’ questa la strategia energetica del governo e non solo per superare la crisi, ma anche per gli anni a venire. Perché se c’è una cosa che le vicende geopolitiche recenti hanno insegnato è che la dipendenza energetica è il vero “freno a mano sulla crescita della nostra economia”, sottolinea Gilberto Pichetto Fratin. È cambiato il quadro di riferimento internazionale e questo esecutivo politico, assicura il ministro dell’Ambiente, “ha intenzione di affrontare seriamente la questione della sicurezza energetica“: “Non possiamo perdere un minuto“, insiste. Via i paraocchi ideologici e rispetto degli impegni internazionali assunti in materia di decarbonizzazione. La direzione presa è questa, anche se passa dai rigassificatori, dalle estrazioni di gas dai giacimenti già noti lungo le coste. Tutto per avere respiro che porti gradualmente ad abbandonare i fossili a vantaggio delle fonti rinnovabili. L’accelerazione sulla semplificazione per installare gli impianti lo dimostra.
In questo scenario, le infrastrutture hanno un ruolo centrale, “devono accompagnare la transizione ecologia, assecondarla, renderla possibile attraverso un sistema di distribuzione dell’energia che sia in linea con le mutate condizioni di generazione dell’energia stessa“, sostiene Pichetto. Parla della “sfida della generazione diffusa“, dove non c’è più un centro erogatore e una ramificazione verso la periferia ma molteplici fonti di energia che vanno messe in rete e “devono fare i conti con la discontinuità dell’accumulo di fonti come il solare o l’eolico“. Servirà creare infrastrutture in grado di sostenere l’affiancamento della mobilità elettrica a quella dei motori termici e sistemi di interscambio locale fra l’energia autoprodotta e quella diffusa in rete: “Sono tutti passaggi chiave per costruire un futuro di sostenibilità, indipendenza e sicurezza energetica“, ripete il ministro.
Lo scenario “sostenibilità integrata” elaborato da Confindustria Energia, per le scelte strategiche che il Paese dovrà compiere in questo settore, valuta in 182 miliardi di euro gli investimenti previsti nel periodo 2022-2030, che si traducono in un valore aggiunto totale di 320 miliardi di euro, nell’impiego di 380 mila ULA (unità di lavoro annue) ed in una riduzione di emissioni pari a -127 Mton CO2/anno nel 2030. “Un piano integrato di investimenti che presenta benefici sul sistema Paese in termini di crescita economica, di ricadute ambientali e occupazionali con investimenti valutati secondo criteri di neutralità tecnologica, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, di sicurezza energetica e di sostenibilità sociale, attraverso infrastrutture energetiche flessibili e resilienti”, osserva il presidente, Giuseppe Ricci. È la proposta di Confindustria Energia in vista dell’elaborazione del nuovo PNIEC e dell’adeguamento del PNRR al REPowerEU. Dal piano integrato, spiega il vicepresidente e coordinatore dello studio, Roberto Potì, emergono diverse “leve complementari tra di loro” che mirano ad una transizione sostenibile, a partire da una “posizione geografica ottimale per l’ulteriore crescita di fonti rinnovabili e per la diversificazione delle rotte di importazione del gas“. L’Italia, è convinto, “può contare su riserve di gas naturale non utilizzate, su capacità di stoccaggio incrementabili e su reti di trasporto e trasmissione diffuse nel territorio. La sua leadership in Europa nella produzione di biocarburanti e le importanti eccellenze nei processi di economia circolare, completano il quadro delle opportunità disponibili“.