Nella Formazione di Gela, una piattaforma carbonatica Triassica nel sottosuolo della Sicilia meridionale, sarebbe presente dell’acqua potabile. A rivelarlo è un gruppo di ricercatori dell’Università di Malta, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Università Roma Tre che ha recentemente pubblicato uno studio scientifico di grande rilevanza sulla rivista ‘Communications Earth & Environment’ di Nature Portfolio.
“Le risorse idriche sotterranee profonde in tutto il mondo rappresentano un’importante fonte potenziale di acqua non convenzionale, che possono supportare le crescenti necessità, legate anche alla crescita demografica globale“, afferma Lorenzo Lipparini, ricercatore dell’INGV – Università di Malta, professore dell’Università Roma Tre e primo autore dello studio, insieme a Damiano Chiacchieri, assegnista INGV e dottorando dell’Università Roma Tre, Roberto Bencini collaboratore dell’Università di Bologna e Aaron Micallef, professore dell’Università di Malta.
“Qui documentiamo un esteso corpo idrico sotterraneo di acque dolci e salmastre conservato in un acquifero profondo tra i 700 e i 2500 metri di profondità al di sotto dei Monti Iblei, nella Sicilia meridionale”, spiega.
La scoperta di questo vasto accumulo d’acqua è il risultato di un approccio innovativo che combina l’analisi di pozzi petroliferi profondi con avanzate tecniche di modellazione tridimensionale del sottosuolo. “Abbiamo attribuito la distribuzione di questo accumulo di acque fossili a un meccanismo di ricarica meteorica guidato dall’abbassamento del livello del mare nel Messiniano“, continua Lipparini. “Abbiamo ricostruito che questo abbassamento del livello del mare, avvenuto circa 6 milioni di anni fa, ha raggiunto i 2400 metri sotto l’attuale livello del mare nel bacino del Mediterraneo orientale, creando le condizioni favorevoli all’infiltrazione di acque meteoriche e all’accumulo e conservazione di questa preziosa risorsa idrica nel sottosuolo“.
“Queste acque addolcite potrebbero avere utilizzi diversificati, dalla potabilità all’utilizzo per scopi industriali e agricoli, aprendo così nuove prospettive per la Sicilia meridionale e altre regioni costiere del Mediterraneo“, sottolinea il ricercatore INGV. “Questo approccio innovativo potrebbe, infatti, essere esteso ad altre aree dell’Italia e del Mediterraneo caratterizzate dalla carenza idrica e da condizioni geologiche analoghe“, suggerisce il primo autore. “Grazie ai risultati raggiunti si potrà ora cercare di individuare possibili nuovi accumuli anche in aree quali Marocco, Tunisia, Egitto, Libano, Turchia, Malta e Cipro, per citarne alcune”.
Il progetto è stato inserito tra le “action” in occasione della Water Conference dell’ONU del marzo 2023 e, nel prossimo futuro, il team prevede di valutare un piano di sviluppo e un progetto di utilizzo di queste acque. Il finanziamento per questa ricerca è stato fornito attraverso un progetto Marie Curie Grant con l’Università di Malta, il supporto dell’Università Roma Tre e dell’INGV.