MILANO – La buona notizia è che il ‘no’ alla ratifica dell’accordo commerciale tra Ue e Mercosur arriva solo dalla sinistra radicale (laSinistra), e che tutto sommato, al netto comunque di qualche dubbio, lo spettro politico del Parlamento europeo riconosce la necessità di tessere nuove relazioni di libero scambio per il bene dell’Ue e della sua economia. Certo, Ursula von der Leyen può fare affidamento sul fortino del ‘suo’ Ppe, che fa quadrato attorno a lei, ma la presidente della Commissione europea si ritrova sotto il fuoco incrociato di un europarlamento che l’aspetta al varco e la mette sotto pressione come non mai.
Due lettere formali di richiesta chiarimenti, da socialisti (S&D) e liberali (Re), lo spettro di altrettante mozioni di sfiducia, a cui lavorano sinistra radicale (laSinistra) e sovranisti (PfE), e la pretesa di attivazione del meccanismo di difesa commerciale contro gli Stati Uniti di Donald Trump, avanzata dai Verdi: è così che il Parlamento si prepara per per il tradizionale discorso sullo stato dell’Unione di mercoledi (10 settembre).
L’oggetto del contendere è l’accordo sui dazi raggiunto a fine luglio Un accordo che non piace, come emerso sin da subito, dal giorno uno di questa intesa commerciale che ora pone von der Leyen in una posizione tutt’altro che confortevole o invidiabile. Tolto l’appoggio del Ppe, c’è un Parlamento intero sul piede di guerra, e questo rischia di produrre un terreno scivoloso per il prosieguo della legislatura. Il punto è che von der Leyen ha ricevuto un mandato chiaro dai governi, alla cui testa, se si guarda ai leader in Consiglio, siedono per lo più esponenti del Partito popolare europeo, ben 11 su 27, ed è proprio questo appoggio dei capi di Stato e di governo il problema tutto politico-istituzione dell’Ue. “Von der Leyen non è più punto di equilibro tra Parlamento e Consiglio, lei si adegua alle decisioni Consiglio”, critica Camilla Laureti (Pd/S&D), solo una della tanti voci critiche.
“La guerra dei dazi è illegale, ingiusta e inaccettabile”, tuonano i socialisti attraverso la portavoce Utta Tuttlies, la quale ricorda che una lettera è stata inviata a von der Leyen per ricordare l’agenda da seguire in cambio del sostegno del gruppo. Analoga la posizione dei liberali, che pretendono “rassicurazioni” sull’azione di governo europeo da qui in avanti. Anche in questo caso un lettera è stata inviata per ‘aiutare’ von der Leyen a pronunciare un discorso da cui ci si attende “un messaggio di grande cambiamento”. Il gruppo dei Verdi invece anticipa che chiederà alla Commissione europea di attivare il meccanismo anti-coercizione contro gli Stati Uniti per rispondere alle politiche commerciali dell’amministrazione Trump. L’accordo sui dazi “è ingiusto e instabile”, accusa la portavoce del gruppo, Pia Kohorst. Da qui la necessità di ricorrere allo strumento di difesa commerciale che può portare a limitazioni agli investimenti e persino restrizioni agli appalti. L’assedio a von der Leyen non finisce qui. Dai banchi delle opposizioni arriva la minaccia di nuovi voti di sfiducia la sinistra radicale ha avviato la raccolta firme per una nuova mozione di censura, e lo stesso ha iniziato a fare il gruppo dei Patrioti per l’Europa, dove siede la Lega di Matteo Salvini. Per ora nessuno dei principali gruppi in Parlamento sembra essere intenzionato a sostenere l’una o l’altra mozione in divenire, ma, avverte la portavoce dei socialisti, “non c’è nè un ‘sì’ né un ‘no’, discuteremo quello che sarà sul tavolo”.