MILANO – La risposta russa al vertice dei 26 Paesi pro-Kiev arriva con grande potenza da Vladivostok. Nel suo discorso d’apertura della sessione plenaria del Forum economico orientale il presidente Vladimir Putin minaccia direttamente l’Occidente: “Qualsiasi forza schierata in Ucraina sarebbe un obiettivo legittimo per l’esercito russo”. Un contingente che, secondo l’ucraino Volodomyr Zelensky, conterebbe “migliaia di truppe occidentali” di stanza a Kiev.
Sebbene i negoziati di pace rimangano in una fase di stallo e Mosca continui a respingere qualsiasi cessate il fuoco, gli alleati di Kiev, riuniti nella cosiddetta coalizione dei ‘volenterosi’, stanno lavorando da settimane per definire i contorni del loro sostegno all’Ucraina in caso ipotetico di una tregua. Ieri, da Parigi, i 26 Paesi si sono impegnati a contribuire alle garanzie di sicurezza al fine di prevenire un potenziale nuovo attacco da parte della Russia, promettendo di fornire sostegno militare via terra, mare o aria. Non si tratta di “fare la guerra alla Russia”, ma di dissuaderla dall’attaccare nuovamente l’Ucraina in futuro, ha insistito il presidente francese Emmanuel Macron. Immediata la reazione di Mosca. “Se dovessero comparire forze sul terreno, soprattutto ora che i combattimenti sono in corso, daremo per scontato che siano obiettivi legittimi”, dichiara Putin .”E se si prenderanno decisioni per raggiungere la pace, una pace duratura, non vedo alcun motivo per la loro presenza” sul territorio ucraino, aggiunge chiedendo che “nessuno dubiti che la Russia rispetterà pienamente” un futuro accordo di pace. Per il presidente russo devono essere stabilite garanzie di sicurezza sia per la Russia sia per l’Ucraina. Ma, in ogni caso, “nessuno ne ha ancora discusso seriamente con noi”. Al leader del Cremlino, tuttavia, sembra “praticamente impossibile raggiungere un accordo con la parte ucraina su questioni chiave”. E rilancia il suo invito a Zelensky a Mosca per un bilaterale. “Siamo pronti per qualsiasi tipo di incontro. Ma non crediamo che Putin sia pronto a porre fine a questa guerra. Può parlare, ma sono solo parole, e nessuno si fida delle sue parole”, è la risposta secca del presidente ucraino.
A breve però Putin dovrebbe avere un nuovo incontro con l’omologo americano Donald Trump, così come lasciato intendere dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Uno dei problemi negli attuali negoziati sulle garanzie di sicurezza per l’Ucraina è proprio l’entità della partecipazione americana. Dal suo ritorno alla Casa Bianca, Donald Trump ha intensificato gli sforzi per porre fine al conflitto, criticando al contempo gli aiuti forniti a Kiev. Macron ha assicurato che il sostegno americano alle garanzie di sicurezza sarebbe stato finalizzato “nei prossimi giorni” e che gli americani erano stati “molto chiari” sulla loro partecipazione.
Nel frattempo, anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si è mossa con la controparte americana. Ieri ha telefonato al vicepresidente Usa JD Vance “sul mantenimento di un fronte unito sulle sanzioni” a Mosca. Perché, conferma oggi la portavoce della commissione Paula Pinho, “più coordiniamo il nostro approccio con i partner, più queste sono efficaci”. Per questo, il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, in conferenza stampa con Zelensky, oggi annuncia l’invio di un team Ue a Washington.
Ma è sull’unità che la stessa Unione europea di fatto vacilla. E’ scontro infatti a Bruxelles con l’Ungheria di Viktor Orban accusata di “comprare petrolio russo”. Budapest da sempre è contraria all’ingresso dell’Ucraina in Europa a guerra ancora in corso. Sul percorso di adesione la Commissione è stata chiara, Kiev “risponde ai criteri” finora richiesti, ribadisce Costa che nel frattempo esorta Orban a “smettere di importare petrolio e gas dalla Russia”. “Come sottolinea il Presidente Trump, è molto importante smettere di alimentare la capacità russa di continuare questa guerra acquistando gas e petrolio. Abbiamo ridotto dell’80%, a livello di Unione europea, il consumo di gas e petrolio dalla Russia, che rimane al 20% e su questo dobbiamo lavorare. E gran parte di questo 20% è consumato proprio in Ungheria”, spiega. Il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjßrtó, ribadisce che il suo Paese acquista petrolio russo apertamente “perché non ha altra scelta”, mentre alcuni Paesi europei “lo acquistano segretamente attraverso canali alternativi, perché è più economico”.