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Dazi, linea governo non cambia: no ‘guerra’ con Usa. Imprese chiedono rimodulazione Pnrr

Il vertice a Palazzo Chigi: “una guerra commerciale non avvantaggerebbe nessuno". Salvini: "Controdazi fanno male all'Italia, il problema è la Cina".

8 Aprile 2025
in Green Economy
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Dazi, linea governo non cambia: no ‘guerra’ con Usa. Imprese chiedono rimodulazione Pnrr

GIORGIA MELONI, RE ABDULLAH II DI GIORDANIA

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MILANO – I dazi imposti da Donald Trump iniziano a far paura, ma la parola d’ordine del governo resta sempre ‘calma’. Giorgia Meloni vuole capire quale può essere il reale impatto della scelta americana sull’economia del nostro Paese, dati alla mano, per affrontare, con i protagonisti delle realtà produttive, attesi martedì pomeriggio a Palazzo Chigi, l’altro discorso fondamentale in questa fase: quale ‘paracadute’ aprire per evitare tonfi sanguinosi alle imprese.

Per questo motivo, come già preannunciato nell’ultimo Cdm, la premier riunisce il vertice con i suoi vice, Antonio Tajani, di ritorno dal Lussemburgo, e Matteo Salvini, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, il ministro degli Affari Ue, Tommaso Foti, il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, dopo essersi lasciati, venerdì scorso, con l’impegno di stilare i primi studi sugli effetti dei dazi, per avere un quadro d’insieme sui settori chiave per la crescita e il Pil. In particolare l’agroalimentare, l’automotive, la meccanica di precisione e la moda, sui quali la scure delle tariffe sull’import potrebbe provocare più danni.

Da Palazzo Chigi spiegano che durante l’incontro è stato ribadito il concetto che “una guerra commerciale non avvantaggerebbe nessuno, né l’Unione europea né gli Stati Uniti”. Inoltre “è emersa la necessità di affrontare il tema con determinazione e pragmatismo, perché ogni allarmismo rischia di causare danni ben maggiori di quelli strettamente connessi con i dazi”. La premier e i ministri discutono anche degli strumenti necessari per sostenere le imprese, “intervenendo sulle regole ideologiche e poco condivisibili del Green Deal e sulla necessità di semplificare il quadro normativo”.

Allo studio, infatti, ci sono diverse opzioni. Anche quella suggerita dal presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, di rimodulare alcune misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza che non sembrano decollare. “Ormai si è capito che il piano Industria 5.0 (6,3 miliardi di incentivi del Pnrr agli investimenti in digitale e ambiente) non funziona – dice il numero uno degli industriali al ‘Corsera’ -. È inutile che continuiamo a spingere su una misura che, se siamo fortunati, assorbirà due miliardi in tutto”. Non solo, perché Orsini chiede di utilizzare le risorse del Piano “come quelli dei fondi di Coesione” e soprattutto un atto di “coraggio” per salvare l’industria europea, risolvendo le difficoltà che in Italia e in Ue “ci creiamo da soli: burocrazia, costo dell’energia, regolamentazione”.

Il discorso è stato affrontato da Tajani nella riunione del Consiglio Esteri di oggi in Lussemburgo, durante la quale il commissario al Commercio, Maros Sefcovic, ha illustrato i risultati del primo dialogo aperto con gli Usa. La sensazione è positiva, fa sapere il ministro degli Esteri, ma intanto l’Europa partirà con le prime contromisure dal 15 aprile, perché rinviarle avrebbe comportato problemi tecnici. “Mi pare che due siano gli elementi prevalenti: l’unità dell’Europa e la volontà di non scatenare una guerra commerciale, quindi far prevalere comunque il dialogo”, spiega Tajani. Che ripete l’invito a “evitare reazioni scomposte che promuoverebbero danni non solo al commercio americano ma anche al commercio italiano ed europeo”. Come inserire il whisky nella lista dei controdazi Ue, che provocherebbe – secondo le previsioni del governo – una reazione a catena sul vino.

“Noi dobbiamo aiutare le imprese e a difendere i risparmi degli italiani, facciamo tutto quello che possiamo ma tutto dipende dell’Europa”, dice l’altro vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, a ‘Cinque minuti’, su Rai1, chiedendo di “azzerare la burocrazia europea”. Il confermato leader della Lega, poi, se la prende con Pechino: “Il problema non è Trump, ma la Cina. E quei Paesi che sfruttano i bambini nelle fabbriche a lavorare per fare concorrenza sleale alle nostre imprese”. Ma assicura che l’esecutivo sta lavorando “per proteggere italiani e imprese”.

Parallelamente alla trattativa tra Bruxelles e Washington, l’Italia accelera sull’individuazione di nuovi mercati da esplorare. Domani a Caserta il vicepremier Tajani riceverà l’omologo olandese, Caspar Veldkamp, per il primo evento di una nuova campagna di mobilitazione per l’export attivata dalla Farnesina, che si inserisce nel quadro della quarta edizione della Tavola Vanvitelli-Van Wittel. Nel frattempo, va avanti anche la partita europea per rimettere in discussione alcune regole europee. Al Vinitaly un’apertura arriva dal commissario Ue all’Agricoltura, Christophe Hansen: “Siamo a un bivio ed è il momento giusto perché la Commissione intervenga a sostegno del vino”.

Un ottimo segnale per il responsabile del Masaf, Lollobriga, che avverte: “Il mercato statunitense non è facilmente sostituibile dal solo Giappone o dall’India”. Tutto materiale che sarà al centro del dibattito di domani, mentre prosegue il lavoro delle diplomazie italiana e statunitense per una visita di Meloni a Washington prima di Pasqua, per un faccia a faccia con Trump, nella speranza che possa sbloccare una situazione che sta diventando oggettivamente difficile per la nostra economia.

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