La 29esima conferenza delle Nazioni Unite sul clima si è aperta lunedì in Azerbaigian con un appello alla cooperazione globale, sei giorni dopo la rielezione di Donald Trump, in un momento in cui i Paesi in via di sviluppo chiedono centinaia di miliardi di dollari in aiuti. “È tempo di dimostrare che la cooperazione globale non è in stallo. È all’altezza del momento”, ha detto il capo delle Nazioni Unite per il clima Simon Stiell all’apertura della grande conferenza a Baku, sulle rive del Mar Caspio, senza mai menzionare il Paese il cui nome è sulla bocca di tutti qui: gli Stati Uniti.
LA FINANZA CLIMATICA. La principale posta in gioco di questa Cop, che durerà fino al 22 novembre, è stabilire l’ammontare degli aiuti climatici dei Paesi sviluppati ai Paesi in via di sviluppo, affinché questi ultimi possano svilupparsi senza carbone o petrolio e far fronte a un maggior numero di ondate di calore e inondazioni. I Paesi poveri chiedono che il nuovo impegno, attualmente pari a 116 miliardi di dollari l’anno (entro il 2022), sia di migliaia di miliardi l’anno. Ma gli occidentali considerano questo ordine di grandezza irrealistico per le loro finanze pubbliche. Il presidente della COP29 Moukhtar Babayev ha parlato di “centinaia di miliardi” nel suo discorso di apertura di lunedì, ma nessuno dei negoziatori ha svelato le proprie carte. I delegati hanno negoziato fino alle 4 di domenica notte. “La Cop29 è un momento di verità per l’Accordo di Parigi”, ha dichiarato Babayev, ministro dell’Ecologia dell’Azerbaigian ed ex dirigente della compagnia petrolifera nazionale Socar.
Secondo l’ONU, i partecipanti accreditati sono circa 51.000, un numero inferiore rispetto alla Cop28 dell’anno scorso a Dubai. Molte Ong criticano il fatto che la conferenza si tenga in un Paese che celebra il petrolio come “dono di Dio” e dove le autorità hanno arrestato e perseguito diversi attivisti ambientali.
L’INCOGNITA TRUMP. Basterà una sola firma perché Donald Trump, quando entrerà alla Casa Bianca il 20 gennaio, si unisca a Iran, Yemen e Libia per uscire dall’accordo adottato a Parigi nel 2015 dai Paesi del mondo. Questo accordo è la forza trainante che ha permesso di frenare la traiettoria del riscaldamento globale negli ultimi dieci anni a circa 3°C o meno entro il 2100, secondo i calcoli. Il testo impegna il mondo a limitare il riscaldamento globale a 2°C e a proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5°C, rispetto alla fine del XIX secolo. L’anno 2024, che sarà torrenziale per molti Paesi, sarà quasi certamente a questo livello. Se ciò continuerà a lungo termine, il limite climatico sarà considerato raggiunto.
I GRANDI ASSENTI. Gli europei giurano che raddoppieranno gli sforzi per compensare il ritiro degli Stati Uniti, ma pochi di loro saranno a Baku. Non parteciperanno il presidente francese, Emmanuel Macron, e quello brasiliano Lula, così come il cancelliere tedesco Olaf Scholz, impegnato a gestire la crisi di governo e, ovviamente, il presidente russo Vladimir Putin. Ma, soprattutto, non parteciperà la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, “impegnata – fanno sapere da Bruxelles – nella fase di transizione tra l’uscente e l’entrante esecutivo Ue”. Un’assenza, la sua, che da più parti viene vista come il tentativo di tirare il freno a mano sulle politiche climatiche e ambientali del Vecchio continente e, più in generale, sulle ambizioni del Green Deal.
LA DELEGAZIONE EUROPEA. Della delegazione Ue, invece, faranno parte il commissario per l’azione per il clima Wopke Hoekstra, la commissaria per l’Energia, Kadri Simson, (14 e 15 novembre) e quella per per l’innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, Iliana Ivanova (12 novembre). Il primo ministro britannico Keir Starmer e lo spagnolo Pedro Sánchez, invece, dovrebbero partecipare al vertice dei leader del 12-13 novembre, così come la premier Giorgia Meloni, il cui intervento dovrebbe svolgersi mercoledì 13.
LA DELEGAZIONE ITALIANA. La delegazione italiana sarà guidata dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin e il padiglione del nostro Paese ospiterà decine di eventi organizzati dai ministeri (oltre al Mase ci sarà anche quello degli Esteri), da Ice, enti e istituzioni di ricerca, associazioni di categoria, fondazioni, ong e imprese.